Blue Flag 2019 a Ovda
Testo e foto: Riccardo Niccoli
Evento a cadenza biennale di recente costituzione (la prima edizione si è avuta nel 2013), l’esercitazione “Blue Flag” è ormai entrata nel novero delle attività addestrative internazionali di notevole importanza, per una serie di fattori che andiamo a elencare. In primo luogo, è organizzata dall’aeronautica israeliana (Zroa HaAvir VeHahalal, o Air and Space Force – IASF), forza aerea dall’illustre pedigree e dalle indiscusse capacità operative, che notoriamente è rivolta a concentrare le proprie risorse in attività addestrative estremamente pratiche e redditizie, e a sostenere una filosofia addestrativa destinata a privilegiare l’aspetto spinto e realistico. Secondariamente, si svolge in un’area ideale per le operazioni aeree, perché il deserto del Negev, oltre a costituire un’area praticamente disabitata in cui è possibile il volo a tutte le quote e velocità, presenta vari poligoni equipaggiati, che offrono molte opportunità ai reparti che vi possono accedere. Infine, alla Blue Flag, (che a detta degli stessi israeliani è l’esercitazione aerea più avanzata che organizzano) oltre ai migliori reparti della IASF, compreso l’efficace “Flying Dragon Squadron”, specializzato nel ruolo Red Air, sono presenti anche quelli dei più avanzati paesi dell’area occidentale. L’Aeronautica Militare italiana ha partecipato più volte a questa importante esercitazione, e per l’edizione 2019 si è presentata con un contingente di assoluto rilievo, formato da sei caccia F-35A del 32° Stormo, sei F-2000A di un team a guida 4° Stormo, e un velivolo da allarme radar, nonché comando e controllo, E-550A del 14° Stormo. In pratica, dopo la componente israeliana, quella italiana è stata la più numerosa e la più qualitativamente importante. In totale, sono stati circa 1.000 i militari che hanno preso parte a questa edizione, provenienti da cinque paesi con circa 70 velivoli, edizione che passerà alla storia per essere stata la prima a vedere l’impiego degli F-35.
L’esercitazione ci è stata presentata da Tal Herman, il capo del Blue Flag Management Team, un ex Tenente Colonnello dell’aeronautica israeliana, oggi nella riserva, che svolge le funzioni di qualificato consulente esterno. E’ lui che subito mette in chiaro una degli aspetti più significativi dell’edizione 2019, “E’ infatti la prima volta che gli F-35 israeliani partecipano a un’esercitazione internazionale, e volano impiegando il sistema Link 16 in congiunzione con velivoli della NATO”. Non viene menzionato se, essendoci anche gli F-35 italiani, la componente di caccia di quinta generazione abbia potuto operare in modo molto più integrato, utilizzando il sistema data-link specifico del JSF, che permette di scambiare molti più dati in modo molto più sicuro.

Altra prima di questa quarta edizione della Blue Flag è stata il rischieramento degli F-35 israeliani su un’altra base che non fosse quella madre di Nevatim. Un’operazione che il personale del 32° Stormo ormai conosce molto bene (essendo tra l’altro giunto a Ovda a pochi giorni di distanza dal rientro dal rischieramento effettuato in Islanda, nell’ambito delle operazioni di Air Policing della NATO), ma che la prima volta che viene effettuata comporta sempre preoccupazioni e attenzioni particolari. Dettaglio interessante, per ospitare gli F-35 negli shelter della base di Ovda, è stato necessario tagliare gl’ingressi in cemento dei ricoveri, dato che sono stati costruiti in origine per velivoli privi della doppia deriva divergente, come hanno i Lightning II.
Il ruolo del 115 Squadron, e del locale Squadron dedicato alla missione di Ground Control Intercept (GCI, cioè la guida caccia), è stato fondamentale. Sono questi reparti infatti che danno vita all’Advanced Training Center di Ovda, e nelle attività addestrative stabiliscono il livello di difficoltà delle missioni, e fasano le attività a seconda che quelle preparate si rivelino troppo facili o troppo difficili per il livello dei partecipanti. Allo stesso modo, viene deciso il livello di aggressività che devono sfoderare i velivoli Red Air. Tra le regole d’ingaggio, interessante notare che per quest’edizione non sono stati considerati validi gli abbattimenti di F-35 se ottenuti con missili a guida radar. Da notare ancora che i velivoli Red Air “abbattuti” avevano la facoltà di “rigenerarsi”, e quindi di rientrare in combattimento secondo precise modalità d’ingresso, cosa che veniva consentita anche ai velivoli Blue assegnati a compiti aria-aria. I velivoli Blue impegnati contro i bersagli terrestri, invece, se abbattuti dovevano abbandonare la missione.
In questa Blue Flag, gli scenari sono stati pianificati assieme al 133 Squadron israeliano, che vola gli F-15 Baz, e ha ricoperto il ruolo di Core Unit. Intorno all’area di Ovda vi sono anche alcuni poligoni e aeree addestrative, dedicate allo sgancio di armamento reale, al volo supersonico ad alta quota e al volo a bassa e bassissima quota. Questi poligoni sono arricchiti da tutta una serie di mezzi ed equipaggiamenti a terra, tra cui sistemi antiaerei (SAM), sistemi di guerra elettronica e bersagli reali e simulati di vario tipo. Alcuni sono costituiti da gonfiabili che simulano dimensioni e forme di specifici sistemi d’arma.
Come menzionato, il 115 Squadron israeliano, svolge un ruolo molto importante nell’ambito dell’esercitazione, non solo perché i suoi piloti sono specializzati nella missione aggressor, ma anche perché adottano una filosofia d’impiego molto “attiva”: non eseguono in modo “passivo” il compito di avversari, ma sviluppano i propri piani per contrastare in modo più efficace le forze Blue, reagiscono alle pianificazioni avversarie, e portano il proprio livello di minaccia al massimo, compreso l’utilizzo di armamento missilistico (simulato) BVR (Beyond Visual Range), quale i missili a guida radar a media-lunga portata. Tal Herman ha sottolineato che i Red Air in questa edizione ”Hanno simulato le minacce più pericolose, compreso il caccia Su-57 russo”. Come Red Air hanno partecipato quindi caccia F-16C ed elicotteri AH-64 e UH-60 (del 115 Squadron e di altri reparti che li hanno forniti in prestito), ma anche a rotazione altri velivoli dei reparti israeliani, compresi gli F-35. I velivoli di Italia, Germania, Grecia e Stati Uniti hanno invece sempre operato come forze Blue. La componente Red Air era formata anche da alcune batterie di missili terra-aria PAC-3 Patriot (denominati Yahalom). Riguardo alla componente Red Air, il Comandante del 335 Squadron greco, T.Col. Panagiotis Katsikaris, ha affermato: “I Red hanno iniziato a operare in modo facile durante le prime missioni, ma abbiamo visto che hanno poi cambiato le loro tattiche con il passare dei giorni. Hanno operato in modo diverso ogni giorno, e noi abbiamo dovuto reagire di conseguenza. Grazie all’aiuto reciproco, abbiamo potuto imparare quotidianamente preziose lezioni.” Tra gli assetti partecipanti alla Blue Flag 2019, sono stati menzionati dagl’israeliani anche velivoli senza pilota ed elicotteri, senza però specificare con esattezza modello e missione assegnati.
La Blue Flag si svolge con il concetto dei “Building Blocks”, cioè è a difficoltà progressiva. L’esercitazione, la cui preparazione impegna per circa un anno l’aeronautica israeliana, ha avuto inizio il 27 ottobre, con l’inizio delle attività di rischieramento dei vari partecipanti. Dopo un primo giorno di familiarizzazione, in cui i piloti, ovviamente gli ospiti stranieri, hanno preso confidenza con gli spazi aerei e le procedure dell’area, il 4 novembre si è avuta una prima fase di Theater Entry, in cui i partecipanti si sono addestrati per piccole formazioni, senza ancora pianificare pacchetti ampi. La seconda fase, partita il giorno seguente, è stata dedicata alle operazioni di Defensive Counter Air (DCA), in pratica la difesa da parte delle forze Blue di un territorio, quello che l’aeronautica israeliana si addestra a fare giornalmente, mentre per le forze aeree NATO le minacce ai propri paesi, agli spazi aerei nazionali, sono ben più teoriche. A questo proposito, il T.Col. “M” (comandante del 133 Squadron israeliano) ha affermato: “La difesa degli spazi aerei non è cosa comune nei paesi della NATO. Noi insegniamo alle forze internazionali come proteggere i propri cieli, proprio come facciamo nelle nostre attività giornaliere in Israele”.
La terza fase, iniziata il 10 novembre con un secondo Theater Entry, ha riguardato invece operazioni offensive, di attacco alle forze nemiche. In questa fase, detta Small Force Employment (SFE), le attività hanno riguardato soprattutto l’attacco a bersagli terrestri, e operazioni SEAD/DEAD (Suppression/Destruction of Enemy Air Defence). L’ultima giornata, il 14 novembre, è stata invece dedicata all’esecuzione di una Large Force Employment (LFE), in cui le forze Blue hanno ricevuto solo l’indicazione di una missione da compiere, e sono state poi libere di svolgerla come meglio ritenevano.
Ogni giornata di volo della Blue Flag ha compreso due missioni principali, una la mattina, e una al pomeriggio, ma sia per la fase di DCA, sia per quella di SFE, è stata inclusa anche una giornata di volo notturno. I comandanti dei pacchetti sono stati scelti a rotazione tra i piloti dei vari contingenti presenti. Il personale è stato molto impegnato, perché ad esempio chi doveva volare la prima missione della giornata, doveva arrivare in base verso le 7:00 del mattino, e dopo pianificazione, briefing, esecuzione, debrifing di reparto, finiva la giornata con il mass debrefing verso le 17:00. Coloro che invece volavano la missione del pomeriggio, pur arrivando in base più tardi, erano impegnati sino a notte fonda. Se aggiungiamo che il personale straniero era alloggiato, per ovvi motivi di praticità, nella città di Eilat, a circa un’ora di auto dalla base, possiamo capire come la Blue Flag, per quanto interessante e affascinante, non sia stata proprio una passeggiata.

Il focus dell’esercitazione è stato diretto sul singolo pilota, sulla gestione del cockpit e delle informazioni che vi giungono, e al massimo sulle piccole formazioni. Non sono stati mai volati, se si fa eccezione per l’ultima giornata, grandi pacchetti complessi e integrati. Anche la componente di comando e controllo, fornita dai velivoli G-550 CAEW di Israele e Italia, ha svolto solo un compito locale, e non di ampio respiro, proprio per enfatizzare e sviluppare al massimo le capacità del singolo pilota.
Per lo svolgimento delle operazioni aeree, i partecipanti alla Blue Flag hanno avuto a disposizione spazi aerei molto ampi, in pratica tutta l’area del deserto del Negev, a sud Beer Sheva e del Mar Morto. In quest’area, per la durata dell’esercitazione sono stati limitati anche i voli di tutti i reparti dell’aeronautica israeliana, compresa la scuola di volo. Il traffico civile ha avuto anch’esso delle limitazioni, soprattutto per i voli sull’aeroporto internazionale di Eilat-Ramon, che per circa cinque ore al giorno, durante lo svolgersi delle due missioni giornaliere, è stato fermato. Allo scopo di non congestionare troppo gli spazi aerei, ciascuna missione è stata frazionata in due-tre ondate di una dozzina di velivoli ciascuna.
La Blue Flag 2019 è stata importante per gl’israeliani perché, come detto, è stata la prima internazionale per i loro “Adir”. “Quando si pianifica un’esercitazione in cui ci sono gli F-35 – ha affermato un pilota israeliano – gli scenari devono essere preparati in modo da comprendere certe missioni, prendendo in considerazione anche gli altri velivoli con differenti compiti. Fasare le attività è complesso, ma in questo modo velivoli di differenti generazioni possono lavorare in parallelo, con ciascuno di essi che ha obiettivi propri.”
Come già in passato, anche in questa occasione gl’israeliani non hanno mancato di sottolineare anche l’importanza politica che danno all’esercitazione. Il Col. “M”, comandante della base di Ovda, così si è espresso: ”Non deve essere sottovalutato il significato di questa esercitazione. La cooperazione di questi quattro paesi con Israele prepara il terreno per molte meravigliose opportunità future. La base aerea ha la possibilità di aprire le sue porte e mostrare a questi paesi l’aeronautica israeliana e il suo potenziale.” Una certa importanza è stata data anche agli eventi sociali, se ne sono avuti ben tre durante l’esercitazione, destinati a far meglio legare tra loro i partecipanti dei vari paesi, che comunque hanno operato giornalmente fianco a fianco, durante tutte le fasi delle missioni, e hanno anche vissuto assieme in altri momenti, come durante i pasti alla mensa della base.

Per l’Aeronautica Militare, la Blue Flag 2019 è stata senz’altro un’esercitazione molto importante, come testimonia la partecipazione di ben 13 velivoli e circa 200 militari. Secondo il Comandante del rischieramento italiano, un Tenente Colonnello del quale non viene rilasciato il nome: “L’obiettivo dell’esercitazione è stato quello di addestrarsi in uno scenario complesso, conducendo principalmente missioni Composite Air Operation (COMAO) che hanno previsto attività di volo a bassa e bassissima quota (BBQ) operativa. Sono state testate inoltre diverse tattiche e manovre evasive contro i sistemi Surface Air Missile (SAM) che hanno previsto l’impiego di diverse contromisure tipo chaff and flare. La Blue Flag offre l’opportunità di operare in un contesto addestrativo complesso ed altamente qualificante in considerazione del numero, della varietà degli assetti aerei e delle capacità tecnologiche messe in campo dai Paesi partecipanti. Queste esercitazioni permettono agli equipaggi di affinare le tattiche, le procedure e le tecniche per poter prontamente agire in operazioni di controllo delle crisi, in un ambito multinazionale e di cooperazione internazionale.”
Gli obiettivi assegnati erano in parte diversi, a seconda delle varie linee. Per la linea F-35 si trattava come spesso accade di lavorare sulla migliore integrazione tra assetti di quarta e quinta generazione, avendo in più la possibilità di integrarsi con altri assetti di quinta generazione impiegati da un’altra forza aerea. Per gli F-2000 si è trattato soprattutto dell’occasione per lavorare con assetti di Comando e Controllo nazionali e non, in un ambiente operativo saturo di minacce elettroniche. Infine, gli equipaggi del CAEW avevano l’obiettivo di perfezionare l’addestramento al controllo di un numero elevato di assetti in contesto internazionale, e di perfezionare l’addestramento degli equipaggi di missione al supporto di operazioni con presenza reale di minacce SAM. A detta degl’israeliani, “i due team dotati di F-35 hanno imparato molto gli uni dagli altri.”
In totale, il contingente italiano ha volato nel corso dell’esercitazione 68 sortite, pari a 108 ore di volo. Nel complesso, afferma il Comandante del rischieramento “Abbiamo condotto delle operazioni di volo combinate e integrate con assetti di quarta e quinta generazione volando in zone desertiche e con differenti tipologie di sistemi SAM e minacce aeree. Il velivolo ‘Omnirole’ (cioè l’F-35, NdR) ci ha permesso di condurre attività ad ampio spettro cambiando il nostro task assegnato anche durante la stessa missione dimostrando la versatilità, le avanzate e superiori capacità e il ruolo di task enabler del sistema d’arma. Ci siamo addestrati infatti in uno scenario Electronic Warfare (EW) molto complesso e realistico e la nostra Information superiority e sharing è stata determinate nel raggiungimento degli obiettivi di missione.” In definitiva “L’attività effettuata durante il rischieramento ha beneficiato, di ottime condizioni meteorologiche che, unitamente all’efficienza dei velivoli, hanno consentito il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Dalle esperienze maturate nel corso di questo rischieramento, è emerso che il personale ha avuto modo di confrontarsi con un’attività volativa a cui non si è abituati. Volare su territorio desertico a bassissima quota contro minacce SAM, con la possibilità di effettuare manovre evasive e contemporaneamente poter usare le contromisure chaff e flares, ha dato la possibilità agli equipaggi di testare e validare le proprio tattiche.”
Per concludere, al termine della sua visita all’esercitazione, durante il Distinguished Visitors Day, il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, Gen. S.A. Alberto Rosso, ha dichiarato: “Il ritorno addestrativo per i nostri equipaggi è stato elevatissimo, ma più di tutto questa esercitazione dimostra la capacità logistica di proiezione dell’Aeronautica Militare. Gli F-35 si sono infatti rischierati, in un brevissimo lasso di tempo, direttamente dall’Islanda (dove hanno operato al servizio della NATO per proteggere lo spazio aereo dell’Alleanza Atlantica) grazie all’alto livello di professionalità raggiunto dal team manutentivo e all’efficacia della componente logistica. Operiamo al meglio anche in condizioni climatiche avverse e a migliaia di km dalla “home base”.


Blue Flag 2019 – velivoli partecipanti
Germania EF.2000 6 TLG.71
Grecia F-16C/D Block 52 6 335 Squadron
Italia F-2000A 6 4° Stormo
F-35A 6 32° Stormo
E-550A 1 14° Stormo
USA F-16C/D Block 50 12 52 FW
Israele F-15A/B/D Baz 9 133 Squadron
F-16I Sufa 9 201 Squadron
F-35I Adir 6 140 Squadron
F-16C Barak 7 115 Squadron
G.550 CAEW 1 122 Squadron
AH-64/UH-60 2-4 ?
UAV 2-4 ?
Boeing 707 1 120 Squadron